Debora Rasio: la colina e i prebiotici

La nostra salute, consigli di Debora Rasio

Testo della Dottoressa Debora Rasio, Nutrizionista presso l’ospedale Sant’Andrea, Università di Roma La Sapienza

La nostra salute, consigli di Debora Rasio”
“Colina, il carburante del cervello di cui restiamo spesso a corto”

“Al pari degli acidi grassi omega-3, anche la colina è un nutriente cosiddetto “essenziale” che non è, cioè, prodotto dall’organismo in quantità sufficienti alle piene esigenze del corpo, obbligandoci a procurarcelo attraverso il cibo. Presente principalmente in carne, uova e altre fonti animali, la colina svolge un ruolo essenziale nel corpo umano poiché è una delle sostanze che più di altre concorre alla “costruzione del cervello”. Diventa, dunque, imprescindibile, in gravidanza per la salute del feto, ma anche in allattamento e nella fase di crescita dei bimbi, oltre che per la salute generale di chiunque. Eppure, complice anche la grande diffusione di regimi alimentari vegetariani e vegani, la carenza di colina è un fenomeno pressoché generalizzato anche perché l’opinione pubblica è scarsamente informata a livello ufficiale del ruolo chiave svolto da questo nutriente.

POCA COLINA, TANTI PROBLEMI
Da un punto di vista fisiologico la colina svolge una funzione fondamentale durante tutta la vita poiché incide in processi chiave come il metabolismo, la sintesi dei neurotrasmettitori, la formazione della struttura cellulare, la metilazione (processo biochimico che, tra gli altri, ha a che fare con la corretta espressione del DNA).
Poiché la poca “autoproduzione” di colina avviene nel fegato, una sua carenza può compromettere le funzioni epatiche e il metabolismo dei grassi che circolano nel sangue e concorrere al danno cellulare causato dai radicali liberi in eccesso.

IMPRESCINDIBILE IN GRAVIDANZA E ALLATTAMENTO
Ma è soprattutto durante la gravidanza e l’allattamento che un deficit di colina è collegabile a problemi della funzione cognitiva della prole e potenziali disturbi neurologici. Durante lo sviluppo del feto l’apporto di colina incide sulla struttura del cervello e del midollo spinale influenzando il rischio di disturbi della memoria e il possibile rischio di difetti del tubo neurale. Alcuni studi suggeriscono, ad esempio, che un apporto rafforzato di colina potrebbe migliorare il deficit cognitivo e le disfunzioni neuronali di un feto affetto da sindrome di Down. In tutte le madri che allattano, poi, la concentrazione di colina del latte materno – dipendente dalla dieta – incide direttamente sulle quantità trasferite al bambino, fattore non di poco conto considerando che i piccoli di uomo presentano alla nascita livelli di colina nel sangue anche tre volte superiori a quelli della mamma a significare il grande bisogno di questo nutriente durante le primissime fasi della vita.

POCA INFORMAZIONE: QUANTA E DOVE?
A fronte di tutto questo stupisce che l’apporto di colina non sia ancora indicato a livello universale come essenziale nelle linee guida dell’alimentazione in gravidanza e allattamento. Specularmente, se molti sondaggi alimentari nazionali denunciano una carenza diffusa di colina nella popolazione, soprattutto femminile, in molti altri paesi la sua rilevazione non è nemmeno inclusa nel sondaggio (ad esempio nel Regno unito)! Fortunatamente dal 1998 esistono dei parametri di riferimento (fissati per primi dall’Istituto di Medicina nazionale Usa) che stabiliscono l’apporto minimo di colina in 425 mg giornalieri per le donne e 550mg per gli uomini. In gravidanza e allattamento, però, la quantità quasi raddoppia toccando quota di 930 mg giornalieri.
Le fonti primarie di colina sono carne di manzo, uova, prodotti caseari, pesce e pollo. Molto meno ricchi ne sono le fonti vegetali come noci, fagioli e verdure crucifere (cavoli, broccoli, ecc.). Capiamo, dunque, come sia più alto per vegetariani e vegani il rischio di carenze anche importanti di questo prezioso nutriente, dovuto anche a una scarsa informazione e consapevolezza da parte dei consumatori.

ANTICHE USANZE DA RISPOLVERARE Nell’attesa che gli organismi preposti correggano questo grave vulnus basterebbe rispolverare alcuni antichi saperi popolari che hanno anticipato le scienze ufficiali contribuendo, nel tempo, all’evoluzione della specie. Come quello che vedeva le nostre nonne praticare la saggia abitudine di dare un ovetto fresco al giorno ai bambini “per farli crescere meglio”. O come la vecchia usanza delle donne cinesi di mangiare fino a 10 uova al giorno pe rdare alla luce bambini sani e “intelligenti”. Per non parlare di Emma Morano, una delle dieci centenarie più longeve al mondo, scomparsa nel 2017 all’età di 117 anni, almeno 80 dei quali trascorsi mangiando tre uova al giorno!

Dottoressa Debora Rasio
Nutrizionista presso l’ospedale Sant’Andrea
Università di Roma La Sapienza

La nostra salute, consigli di Debora Rasio”
I prebiotici: nutrono i batteri buoni… e il cervello

“A lungo “sottovalutato” solo negli ultimi anni la scienza si è focalizzata sul ruolo chiave che il microbiota, cioè la popolazione di miliardi di batteri “buoni” che abitano il nostro intestino, svolge non solo per la salute dell’apparato digerente ma per quella dell’organismo in toto.
Parallelamente sugli scaffali dei supermercati si moltiplicano gli alimenti ricchi in probiotici che contengono, cioè, alcuni di questi batteri vivi i quali andranno a “rafforzare le truppe” della flora intestinale: parliamo di yogurt con fermenti lattici, di kefir, di alcuni formaggi e di altri alimenti fermentati.
Oltre ai probiotici dobbiamo però imparare a familiarizzare con i prebiotici, carboidrati non digeribili presenti in numerosi alimenti, soprattutto quelli ricchi di fibra, che rappresentano il miglior nutrimento dei batteri buoni, favorendone la crescita e la sopravvivenza e contribuendo al benessere generale. I prebiotici – lo vedremo più nel dettaglio in seguito – sono naturalmente presenti in diversi alimenti quali la cicoria, i tuberi, i porri, gli asparagi. A differenza dei probiotici, dunque, non sono organismi vivi, ma fibre delle quali vanno particolarmente “ghiotti” i nostri buoni batteri intestinali.

I PREBIOTICI E LA SALUTE PSICOFISICA
Una recente ricerca della University of Colorado Boulder ha evidenziato che, oltre a rafforzare il microbiota, i prebioti possono incidere positivamente sulla qualità del sonno e sull’attenuazione degli effetti dello stress.
Nello specifico lo studio, pubblicato sulla rivista “Frontiers in Behavioral Neuroscience” sostiene che i prebiotici “possono migliorare, in condizione di stress, la qualità del sonno pesante (la cosiddetta fase REM di ‘rapido movimento degli occhi’ che si innesca durante il sonno profondo) e, in condizioni normali, quella del sonno più leggero (non REM)”.
Per tre settimane i ricercatori hanno osservato un gruppo di topolini alimentato con mangime standard e un altro gruppo alimentato con mangime integrato di prebiotici. Sono stati valutati la temperatura corporea degli animali, il loro microbiota intestinale e il ciclo del sonno – quest’ultimo attraverso la misurazione dell’attività cerebrale. Alla fine dell’osservazione i topolini alimentati con prebiotici avevano trascorso più tempo, rispetto agli altri, dormendo in fase non REM, molto riposante e rigenerante.
Partendo dal presupposto che un’adeguata dose di sonno è importante per favorire il corretto sviluppo del cervello e che i disturbi del sonno sono particolarmente frequenti nei primi anni di vita, gli autori dello studio affermano che “è possibile che già in età infantile una dieta ricca in prebiotici possa contribuire a regolarizzare il sonno sostenendo il corretto funzionamento della flora batterica intestinale e stimolando la piena salute psicofisica”

ANTISTRESS E CONTRO L’INSONNIA
L’altro aspetto evidenziato nei topolini oggetto di questa ricerca è che quelli alimentati con prebiotici e sottoposti a un evento stressante hanno dormito più a lungo in fase REM, rispetto a quelli alimentati normalmente. Il sonno profondo è importantissimo per recuperare dopo un momento di difficoltà: è dimostrato che chi, dopo aver vissuto un trauma, riesce a dormire profondamente subito dopo, riduce l’incidenza di una serie di disturbi psicologici e fisici che vanno sotto il nome di “disturbo post-traumatico da stress”. Lo stress è anche in grado di penalizzare la salute della flora intestinale così come di influire sulla temperatura corporea. Due alterazioni, queste, che non si sono verificate nel caso dei topolini stressati alimentati con prebiotici.
Questo studio rafforza le prove di un legame strettissimo fra salute intestinale e salute psichica. Non possiamo che ricavarne un incentivo ad incrementare la presenza sulla nostra tavola di cibi ricchi in prebiotici, assolutamente necessari a costruire un buon microbiota.

PREBIOTICI A TAVOLA: DOVE TROVARLI?
Sono prebiotiche alcuni tipi di fibre – tra le più note l’inulina, la pectina, il betaglucano, il glucomannano – che si trovano principalmente negli ortaggi, nella frutta e nei legumi. Non sono digeribili dagli esseri umani, ma i batteri intestinali se ne cibano in abbondanza e le metabolizzano in molecole preziose per la nostra salute. Tra gli alimenti più ricchi di fibre prebiotiche troviamo i legumi, l’avena, le banane, le bacche, i topinabur, gli asparagi, il tarassaco, l’aglio, il porro, la cipolla e gli shirataki, un tipo di pasta ottenuta dalla radice di konjac, un tubero che cresce in Oriente.
Un’altra buona ragione – se ci serviva – per aumentare il consumo di alimenti vegetali.

Dottoressa Debora Rasio
Nutrizionista presso l’ospedale Sant’Andrea
Università di Roma La Sapienza

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