Debora Rasio: il Microbioma

La nostra salute, consigli di Debora Rasio: il microbioma

 Testo della Dottoressa Debora Rasio, Nutrizionista presso l’ospedale Sant’Andrea, Università di Roma La Sapienza

Microbioma, l’universo inesplorato in ognuno di noi:
Sappiamo che fibra, vitamine, antiossidanti, fermenti lattici sono tutti nutrienti amici dell’intestino. Ma muoversi per queste macro categorie non basta a cogliere la complessa interazione tra ciò che mangiamo e ciò che accade nella flora batterica intestinale. Lo ha esplicitato un recente studio dell’università del Minnesota dimostrando che cibi molto simili da un punto di vista nutrizionale possono avere effetti molto differenti sul microbioma, la popolazione di miliardi di batteri “buoni” perno del nostro apparato digerente.
Le tabelle nutritive che siamo abituati a interpellare sono, infatti, concepite per l’uomo, non per per i batteri e poco sappiamo di come un dato alimento incida sul microbioma, giorno dopo giorno, persona per persona. Per provare a scoprirlo i ricercatori hanno esaminato i campioni delle feci prelevati ogni giorno, per 17 giorni, a un gruppo di 34 adulti in salute ai quali è stato chiesto di tenere un diario accurato di tutto quanto mangiato e bevuto durante il periodo di osservazione.

STESSO CIBO, DIVERSI BATTERI
Grazie a uno speciale test (shotgun metagenomic) è stato possibile ricostruire nel dettaglio come la flora intestinale di ogni partecipante cambiasse di giorno in giorno a seconda di cosa ingerito potendo, così, stabilire una correlazione tra i mutamenti alimentari e quelli del microbioma. Conoscere queste interazioni significa poter incidere a livello personalizzato sulla flora intestinale per trattare le malattie legate a una sua disfunzione: difficoltà a perdere peso, problemi cardiovascolari, basse difese immunitarie, allergie, malattie autoimmuni.
D’altra parte, il tentativo di generalizzare questi dati è stato pressoché vano: su 109 interazioni simili tra cibo e batteri rilevate in almeno due persone del campione, solo otto valevano anche per più di due. In un partecipante, mangiare una particolare verdura ha fatto sì che un determinato gruppo di batteri si moltiplicasse velocemente. In un’altra persona quella stessa verdura eliminava lo stesso gruppo di batteri! I ricercatori hanno potuto tracciare accurati profili personali, ma non associare a determinate categorie di nutrienti degli specifici ceppi batterici: anche mangiando le stesse cose la flora intestinale di ognuno di noi resta diversa dall’altra.

CENTINAIA DI SOSTANZE SCONOSCIUTE
Provando, a questo punto, a considerare non il solo contenuto nutrizionale, ma il modo in cui i cibi interagissero tra loro sono emerse correlazioni molto più strette. Ad esempio, diversi tipi di verdure a foglia verde come spinaci e cavoli hanno esercitato un’influenza simile sulla flora batterica, mentre carote e pomodori – pur avendo un profilo nutrizionale assimilabile – hanno mostrato impatti anche molto diversi. Insomma, se sappiamo tutto dei nutrienti e quanto mangiamo ci è molto a cuore, ad esempio, l’apporto di vitamine o di grassi saturi, i microbi del nostro intestino sembrerebbero più interessati ad altre centinaia di sostanze sconosciute e non schedate presenti nel cibo.

UN’ALTRA SMENTITA…
Un altro dato singolare è emerso da due partecipanti allo studio che hanno consumato pressoché esclusivamente una bevanda sostitutiva del pasto diffusa negli USA. Il loro microbiota ha mostrato cambiamenti giornalieri smentendo la certezza diffusa che una dieta monotona stabilizzi l’intestino.

LA NUOVA FRONTIERA
Da tutte queste diverse evidenze deduciamo che limitarsi a considerare semplici categorie di nutrienti come fibra, grassi e zuccheri non basti a capire come il microbioma risponde a ciò che mangiamo. Oltre al cibo in sé, vi sono numerosi fattori che determinano mutamenti della flora batterica, molti dei quali ci restano ignoti. Se negli ultimi anni la ricerca ha compiuto passi da gigante nell’affermare il ruolo chiave per la salute generale di un microbioma sano, la nuova frontiera è ora stabilire in che modo ciò avvenga, così da poter sfruttare queste conoscenze contro le malattie.

Dottoressa Debora Rasio
Nutrizionista presso l’ospedale Sant’Andrea
Università di Roma La Sapienza

“La nostra salute, consigli di Debora Rasio”
“Microbiota, la salute dell’intestino non passa solo per la tavola”

“Sono ormai anni che la scienza medica si concentra sull’importanza del microbiota, la popolazione di miliardi di batteri “buoni” o “cattivi” che abitano l’intestino. Essi incidono a 360 gradi sulla nostra salute psicofisica al punto che una loro alterazione è legata all’insorgenza di malattie quali diabete, obesità, così come depressione, ansia e sbalzi di umore (non a caso l’intestino è chiamato il “secondo cervello”). Anche per questo stiamo imparando nel tempo a prenderci cura dei “batteri della pancia” nutrendoli adeguatamente con prebiotici e probiotici presenti in alimenti specifici come legumi, avena, banane, bacche, topinabur, asparagi, finocchi, tarassaco, cicoria, aglio, porro, cipolla, yogurt, kefir, formaggi e verdure fermentate. La salute del nostro microbiota è legata, in particolare, a quella della parete che riveste internamente il nostro intestino impedendo alle sostanze nocive di penetrare nel sangue: basta un ciclo di antibiotici per comprometterla per diversi mesi costringendoci a ricostruire quasi da capo il nostro esercito di batteri buoni dimezzato. Tale obiettivo sarà più facile da raggiungere se affiancheremo alle corrette abitudini alimentari tutta una serie di azioni “non convenzionali” che andremo ora a scoprire.

1. Correre. Sono numerosi gli studi che hanno correlato l’esercizio aerobico a un miglioramento della qualità e della diversità della flora batterica. Più nel dettaglio, una corsa di 20 minuti è di grande aiuto a ricostruire il nostro esercito di batteri benefici e aumenta i livelli di butirrato, un acido grasso a catena corta da loro prodotto che penetra nel circolo sanguigno migliorando il metabolismo di grassi e zuccheri, regolando l’appetito e spegnendo l’infiammazione;

2. Non lavarsi troppo le mani con il sapone. Sul mercato si stanno sempre più diffondendo supplementi probiotici a base di organismi originari del suolo, in grado di resistere all’acidità dello stomaco e particolarmente efficaci nel migliorare la composizione del microbiota. Tuttavia non avremmo bisogno di ricorrere a integratori se ci sporcassimo un po’ più spesso le mani con la terra buona: uno studio condotto in Finlandia ha dimostrato che posizionare nel proprio bagno un secchio di terra fertile, immergendovi le mani due volte al giorno e poi sciacquandole con sola acqua – senza sapone – per 5 secondi prima di asciugarle, modifica nell’arco di pochi giorni il microbiota intestinale dei partecipanti arricchendolo in specie batteriche diverse. Se pensiamo che nel nostro intestino dovrebbero esserci 500-1000 specie batteriche e che un buon probiotico ne fornisce soltanto 10, possiamo renderci rapidamente conto dei limiti di un approccio basato sulla sola supplementazione. Per ottimizzare la composizione del nostro microbiota, quindi, ha molto più senso dedicarsi al giardinaggio e comprare frutta e verdura a km 0 evitando di lavarla con disinfettanti per entrare naturalmente in contatto con i batteri della terra (un consiglio da cui le donne in gravidanza e gli individui immunodepressi devono prudenzialmente astenersi);

3. Avere un cane. Per ragioni simili a quelle appena descritte condividere il proprio tempo e i propri spazi con un cane può essere di grande aiuto per il microbiota. Numerosi studi, infatti, attestano che convivere con gli animali ci permette di entrare in contatto con una maggiore diversità batterica e riduce il rischio di malattie autoimmuni. Ciò è particolarmente valido per i bambini, soprattutto se soffrono di asma o dermatite;

4. Limitare l’uso di sapone e shampoo tradizionali. Non è un invito a trascurare la propria igiene, ma a riflettere sulla possibilità di utilizzare prodotti meno invasivi che non eliminino del tutto lo strato di batteri buoni presente sulla pelle. Saponi sì, ma poco aggressivi come quello di Aleppo e, soprattutto, non “antibatterici” che, a lungo andare, danneggiano la flora batterica cutanea e delle mucose;

5. Lavare i piatti a mano. È l’interessante conclusione di uno studio svedese condotto su oltre 1000 bambini di età compresa tra i 7 e gli 8 anni: quelli nelle case dei quali i piatti si lavavano a mano avevano un’incidenza dimezzata del rischio di asma, eczemi e allergie rispetto a coloro che abitavano in case dotate di lavastoviglie. Il rischio era ulteriormente ridotto in modo dose-dipendente se i bambini mangiavano anche cibi fermentati e cibi acquistati direttamente presso le fattorie locali. Per gli autori dello studio questa differenza si spiegherebbe nella maggiore esposizione microbica delle famiglie abituate a lavare le stoviglie a mano e a consumare prodotti stagionali a km 0 che richiedono meno utilizzo di fitofarmaci;

6. Assumere enzimi digestivi. Non tutti abbiamo la stessa capacità di digerire e scomporre i cibi che ingeriamo al fine di assorbirne i nutrienti. Queste attività, inoltre, con l’avanzare dell’età diventano più compromesse e faticose per l’organismo. Ecco perché potrebbe essere utile assumere enzimi digestivi sotto forma d’integratori di proteasi che aiutano a digerire le proteine, di lipasi che assistono nella digestione dei grassi e di amilasi che scompongono gli amidi. Questi enzimi facilitano la digestione degli alimenti riducendo la presenza di processi fermentativi e regolando la composizione del microbiota.

UN APPROCCIO COMPLETO
Ecco, dunque, alcune azioni che possiamo mettere in campo per proteggere il nostro intestino e la popolazione di batteri che vi abita, tanto importante per il nostro benessere complessivo. Fermo restando che una corretta alimentazione ricca di prebiotici e probiotici resta un passo imprescindibile per la salute del microbiota, adottare un approccio più completo, che vada oltre il solo cibo, potrebbe essere un passo decisivo per raggiungere risultati ottimali per la salute del nostro “secondo cervello”.

Dottoressa Debora Rasio
Nutrizionista presso l’ospedale Sant’Andrea
Università di Roma La Sapienza

“La nostra salute, consigli di Debora Rasio”
“Batteri buoni contro la demenza senile”

“Se gli alieni giungessero sulla terra ed esaminassero senza preconcetti un essere umano, potrebbero facilmente scambiarlo per un organismo reso schiavo dei batteri, concepito al fine di alimentarli, trasportarli e dare loro casa e protezione. Se è già piuttosto incredibile che quello che chiamiamo “corpo umano” sia composto da un numero superiore di cellule batteriche rispetto a quelle umane, sconcerta ancor di più apprendere che il DNA dei piccoli microrganismi superi il nostro di oltre 100 volte! Una popolazione chiamata microbiota che abita sulla cute, nelle mucose e nel tubo digerente e che vive nutrendosi di quello che mangiamo, risentendo delle tossine che assumiamo dall’ambiente e che noi stessi produciamo e che, a sua volta, libera sostanze protettive o nocive in un’interazione costante e imprescindibile. Una popolazione che, a seconda della sua composizione, può proteggerci da infiammazione e malattie croniche anche gravi come quelle cardiovascolari o quelle legate al declino cognitivo o ai disturbi dell’umore o, al contrario, favorirle.

AD OGNUNO I SUOI BATTERI
Questa sterminata popolazione che vive con noi è composta di oltre mille specie di batteri, la maggior parte delle quali s’insediano subito dopo la nascita, sebbene alcune sembra che attecchiscano già nella fase pre-natale. Nei primi due-tre anni di vita, mentre il sistema immunitario si va consolidando, il microbioma è molto instabile e fortemente condizionato dalla dieta, ad esempio dal fatto che il cucciolo di uomo sia stato o meno allattato dalla madre oppure dal grado di igiene in cui cresce (case troppo pulite gli sono nocive perché diminuiscono la diversità di specie batteriche con cui viene in contatto). Negli anni il microbioma si stabilizza e assume un profilo specifico che tornerà a cambiare solo in tarda età. Insomma, ognuno di noi ha una diversa popolazione di batteri, una sorta di carta d’identità biologica influenzata dal DNA, il patrimonio genetico, la dieta, il contesto ambientale, lo stress e altri fattori.

DRASTICI CAMBIAMENTI
Ecco perché cambiare il regime alimentare in modo drastico, ad esempio diventando vegetariani, determinerà una profonda mutazione del nostro microbioma legata al diverso apporto di fibre, grassi, proteine che deve metabolizzare. Anche le medicine sono un fattore capace di modificare la composizione della flora batterica intestinale. Ciò è vero, in particolare, per gli antibiotici e i farmaci contro l’ulcera e il reflusso.

IL SECONDO CERVELLO
Da anni si moltiplicano le evidenze scientifiche del legame diretto tra cervello sano e intestino sano chiamato, non a caso, “secondo cervello”. Pensate che una ricerca canadese condotta su una specie di topini particolarmente “timidi e paurosi” ha svelato che, dopo aver trasferito loro i batteri intestinali di una specie più “disinibita e intraprendente”, gli animaletti si sono mostrati più attivi e curiosi. Questo è solo un esempio della capacità dei batteri intestinali d’influenzare l’umore e lo stato d’animo, anche se non si conoscono ancora esattamente i meccanismi attraverso i quali questo forte legame si instauri. Ma è un fatto che le persone depresse mostrino un’alterazione del microbioma e che trasferire batteri intestinali da chi ne soffre a topini sani deprima anche quest’ultimi.

EQUILIBRIO INTESTINALE, EQUILIBRIO MENTALE
Insomma, l’equilibrio intestinale è speculare al nostro equilibrio mentale. Al punto che poche settimane fa è stata pubblicata una nuova ricerca giapponese che dimostra come un’alterazione nella flora intestinale sia collegabile al rischio di demenza senile. Gli scienziati hanno analizzato campioni fecali di 128 soggetti sia sani, che affetti da demenza senile. Nei pazienti con disturbi della memoria è emersa una concentrazione di determinate sostanze chimiche (ammoniaca, indolo, scatolo, fenolo), significativamente maggiore che nei soggetti sani. Al contrario, era inferiore la presenza di Bacteroides, batteri tipici di una flora in salute.
Se ne deduce che il microbioma possa rappresentare sempre più un obiettivo strategico su cui concentrarsi per la prevenzione del declino cognitivo e del benessere psicologico in generale. Prova ulteriore di quale arma potente ed economica una sana nutrizione sia contro malattie gravi, oggi considerate “incurabili”.

Dottoressa Debora Rasio
Nutrizionista presso l’ospedale Sant’Andrea
Università di Roma La Sapienza

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